La Cina e i prodotti del genio.
Uno sguardo sulla Cina ed un commento sulle opportunità ivi celate. Presentato da:
Lacerta Co. Ltd. Business advisors Hong Kong – Hangzhou Relatore: Andrea Ferri
La Cina e i prodotti del genio. (Ovvero, chi deve andare in Cina e perché. Qui si spiega come affrontare le incognite del Regno Di Mezzo e come il processo di studio, valutazione e realizzazione non sia necessariamente impresa complicata, rischiosa e costosa)
1 - Dedica: A Genius piccola o media impresa generatrice di qualità, sorgente d’innovazione, modello di eccellenza. Domina il prodotto, la tecnologia, l’idea che costituisce la sua ragione di esistere. 2 - Definizioni. Per chiarezza: Internazionalizzazione: ovvero l’esposizione dell’azienda a mercati esteri. Può essere realizzata in vari gradi; èccone un elenco in ordine di crescente impegno e crescente esposizione (da impegno minimo e conseguente minima posizione sul mercato di destinazione a massimo coinvolgimento per acquisire quote di mercato e, talvolta, influenzarne gli utenti finali): Alcune aziende possono riconoscersi in una di tali categorie; altre possono leggere in tale elenco la storia della loro evoluzione. De-localizzare, ovvero spostare tutto o parte del processo produttivo affinché il costo finale del prodotto venga sostanzialmente ridotto. Nel suo caso più semplice la de-localizzazione non richiede modifiche della struttura commerciale dell’azienda, né nuove strategie commerciali. Non sarà necessario entrare nel mercato dell’area di produzione: il progetto di de-localizzazione richiede investimenti in risorse prevalentemente tecniche. Localizzazione è la strategia di accesso ad un nuovo mercato e richiede l’integrazione nella cultura manageriale dell’azienda di fondamenti socio-economici del mercato di destinazione. Nota. L’azienda che ha de-localizzato non è necessariamente "internazionalizzata": conosco diverse società, anche grandi, che si approvvigionano in Paesi lontani, ove hanno uffici, impianti e personale, ma sono rimaste legate esclusivamente al mercato locale; la loro esposizione ai paesi esteri è limitata alle loro necessità di produttive e non si sono mai inserite nel tessuto commerciale del paese ospitante. A mio avviso tali aziende non sono "internazionalizzate". Viceversa l’azienda che ha "localizzato" un’attività in un mercato estero è sempre internazionalizzata, anche se i processi produttivi rimangono nel paese d’origine. Cina. La Cina è una e molteplice. E’ una nel suo significato di Nazione e di Governo, nella sua storia e nella (relativamente recente) presa di coscienza nazionale del suo Popolo, nelle radici culturali che pervadono le interazioni ed i comportamenti dei suoi cittadini e le spiegano. La Cina è una nella sua civiltà. E’ molteplice per molti altri aspetti, praticamente per tutti quelli che riguardano i potenziali investitori ed i loro obiettivi: aree fortemente sviluppate e zone totalmente arretrate; professionisti altamente qualificati e personale grezzo o incompetente; clienti esperti e sofisticati e consumatori incapaci di scelte autonome: un mondo di estremi con tutti i gradi intermedi. I numeri che riguardano il Paese sono sempre impressionanti: abitanti, città, consumi, infrastrutture, trasporti, studenti, laureati, TV audience, tutti i settori socio-economici mostrano vigore e crescita: l’impressione dell’estraneo è di una evoluzione costante, e coordinata, ma in realtà il rapido sviluppo ha generato un allungamento nel grado di avanzamento delle varie province e nel grado di maturazione dei loro abitanti ed ha stratificato la società geograficamente, culturalmente ed economicamente. La scelta del luogo e del livello dell’intervento da parte dell’investitore straniero costituisce una fase critica di ogni progetto d’investimento in Cina. Evoluzione culturale sotto l’impulso del progresso economico. Questo è l’elemento strategicamente più rilevante per le imprese che trattano prodotti dell’ingegno ed il punto di partenza di qualsiasi strategia di studio e penetrazione del mercato. La Cina è un mercato giovane, in certi campi addirittura vergine; il rapido sviluppo economico sta forzando una corrispondente evoluzione culturale. Il processo è iniziato in sordina vent’anni fa, procede accelerando e ha generato una trasformazione di gran lunga più radicale e sostanziale dell’opposto fenomeno avviato giusto quarant’anni fa: la rivoluzione culturale. Da un’avversione alla cultura dei consumi alla piena disponibilità di prodotti essenziali, utili e superflui. Come reagisce il consumatore cinese? Quali termini di riferimento adotta di fronte alle scelte che deve e vuole fare? Quando il prodotto è creatività, la corretta formulazione di queste domande e le giuste risposte sono fattori fondamentali del successo e l’impresa è complessa perché, mentre un modello di sviluppo economico è percepibile, talvolta calcolabile, è per contro molto difficile fissare i parametri di un modello di sviluppo culturale. Cultura aziendale. Patrimonio di conoscenze che hanno parte attiva nel carattere e nella soggettività dell’azienda. La cultura aziendale racchiude le esperienze dei componenti dell’azienda nei riguardi della società nel cui ambito essa agisce. In un’azienda dell’eccellenza la definizione ed il continuo aggiornamento della cultura aziendale è vitale. Questo concetto, ovvio se valutato nel contesto originale dell’azienda, assume un significato fondamentale quando parliamo di Cina: il Paese vive in un ambito culturale diverso dal nostro e l’aggiornamento richiede un importante capacità di immaginazione ed una forte disponibilità all’adattamento.
3 - Perché in Cina? Partirei da un’analisi preliminare dell’ambiente e, in particolare, dal processo evolutivo sopra accennato. Qui sono racchiusi una grande opportunità ed un grande rischio per il potenziale investitore, soprattutto per Genius: l’opportunità di introdurre ed imporre ai novelli consumatori i propri canoni, le proprie capacità tecnologiche e creative; ma anche il rischio di non cogliere tale opportunità lasciando che la futura Cina si sviluppi sotto l’influenza di altre culture. A me sembra che – a seguire le crisi già provocate dalla concorrenza cinese basata sul prezzo – si prospetti una seconda tornata di potenziali problemi, indotti dalla stessa evoluzione del Paese: i cinesi hanno requisiti e strumenti per diventare essi stessi fonte di prodotti dell’ingegno e per sviluppare una poderosa abilità competitiva basata non più e non solo sul prezzo ma sui nostri stessi punti di forza, ovvero creatività e qualità; questa evoluzione è già in atto e, benché agli inizi, già percepibile nei settori più significativi del consumo: tessile-abbigliamento, automobilistico, enologico, per dirne solo alcuni, ove molte aziende locali hanno acquisito metodi, tecnologie ed approcci moderni interpretandoli ed applicandoli alle esigenze e alle attitudini del conterraneo. E’ un processo inevitabile ed evidente e queste aziende, oltre agli evidenti vantaggi di posizione, possono applicare subito ed in tutte le loro operazioni i principi dell’economia di larga, larghissima scala. Non solo: essi operano in un sistema che ha messo subito a loro disposizione gli strumenti necessari per crescita ed efficienza: infrastrutture, comunicazioni e strumenti finanziari. Il sistema, come è noto, è stato avviato procedendo contemporaneamente su due fronti: orientando l’economia all’esportazione e richiamando investitori esterni quali apportatori di capitali e di modernità. La strategia sta funzionando perfettamente, come si vede dai risultati. Esportazioni e capitali esterni sono tutt’ora le principali risorse dell’economia cinese. Ma le cose stanno cambiando rapidamente: le autorità hanno già avviato le iniziative per stimolare i consumi interni ed è sufficiente un’occhiata alle macro statistiche per verificarne i risultati: solo otto anni fa il valore dei consumi interni non arrivava al 20% del prodotto interno; nei primi tre trimestri del 2007 questo valore ha raggiunto il 36%. Poco rispetto al 60-70% delle economie sviluppate, ma la tendenza è evidente. (Un dato rivela più degli altri la rapidità della metamorfosi: nel 2007 i consumi interni del settore tessile abbigliamento per la prima volta hanno superato il valore delle esportazioni). Quindi perché la Cina? Anzitutto perché ha ancora bisogno di Genius: vuole sviluppare un moderno sistema economico e intende farlo con i migliori; ed offre quindi la possibilità di partecipare al processo. Poi perché è ricca, efficiente, invitante, accogliente e ricettiva: ma lo è solo per propria convenienza e quindi solo per coloro che hanno qualcosa da offrire al Paese. Inoltre perché è un Paese in crescita costante, politicamente stabile per un prossimo prevedibile futuro, corredato di moderne infrastrutture in continuo miglioramento, dotato di effettivi mezzi per il sostegno dell’impresa. E naturalmente perché lo sviluppo economico generato negli ultimi dieci anni di vertiginosa crescita economica è solo una piccola parte del suo potenziale: il PIL pro-capite nel 2000 era di mille dollari, nel 2007, secondo il Fondo Monetario Internazionale dovrebbe essere di 5.292 dollari (dato stimato. Fonte: Wikipedia). Il raggiungimento dei 10.000 dollari è previsto tra tre o quattro anni. Ai futurologhi il compito di dipingere le implicazioni per l’umanità: qui ci proponiamo di analizzare i requisiti necessari per partecipare al processo e di proporre metodi e strategie. Ed infine perché se è vero che la globalizzazione è un processo inevitabile e inarrestabile, Genius è di fronte ad un grosso problema: esso è sì modello di eccellenza ma è anche, per definizione, "piccolo" o "medio" e quindi potenzialmente debole. La sua cultura imprenditoriale rischia quindi di essere fagocitata dalla gigantesca macchina economica cinese quando essa combinerà bassi costi e qualità, volumi e creatività. Quindi "in Cina" per proteggersi, per contribuire al progresso del Paese e, nel processo, monitorarlo, guidarlo su propri canoni mantenendo viva la propria presenza e la propria immagine.
4 - Dove in Cina? La Cina, intesa in termini di mercato, è costituita da un folto insieme di "ambiti" socio-culturali in continua e rapida evoluzione, spesso interreagenti, che si traducono in tante nicchie: le quali talvolta spariscono, altre volte sopravvivono, altre ancora si evolvono in ampi e ricchi settore economici. Questi "ambiti" di solito vengono definiti in termini geografici. Una classica rappresentazione (imperfetta ma utile per una prima valutazione ambientale) disegna un Paese strutturato in tanti livelli, definiti in ragione del loro sviluppo economico: un primo livello costituito dalle metropoli, come Pechino e Shanghai; città modernissime, vibranti, ricche, e progredite. Secondi livelli di città come Hangzhou, Nanchino e Qingdao, già abbastanza simili alle precedenti, ma con sostanziali differenze in termini di minore apertura alla modernità. Poi tanti livelli inferiori, i cui confini sono più o meno definiti ma sempre perfettamente percepibili nei loro contrasti di modernità e arretratezza. Il fenomeno cinese può essere tracciato in maniera dinamica: il Paese parte, meno di trent’anni fa, da una situazione piatta: dal punto di vista socio-economico sono tutti più o meno uguali. Quando la modernizzazione comincia a muovere i suoi primi passi, lo sviluppo parte ovunque, ma non procede ovunque alla stessa velocità: in alcune zone, specialmente quelle destinate agli esperimenti socio-economici come Shenzhen, Zhuai, Xiamen, il progresso è più rapido. Altrove – soprattutto all’interno, nella parte Ovest del Paese, lontano dalla politica e dalle influenze esterne – è più lento. Con tutti i gradi intermedi. Nella sua accezione linguistica l’evoluzione è la trasformazione che modifica un determinato sistema da una forma di organizzazione più semplice ad una più complessa. In Cina, nella sua società sta succedendo esattamente questo. Ma che cosa causa questa trasformazione? Lasciando da parte le considerazioni politiche e sociologiche e concentrando l’attenzione sugli eventi economici, possiamo identificare due concause strettamente legate tra di loro: onde una conseguenza spettacolare ed una grande novità per i cinesi: la facoltà di scelta. Per noi la facoltà di scelta è scontata; anche se, nella nostra società dei consumi e degli sprechi, talvolta perfino il consumatore più smaliziato rimane perplesso di fronte alla vasta disponibilità di prodotti sugli scaffali; tuttavia egli eserciterà la sua scelta e lo farà dopo un più o meno rapido processo valutativo, indotto dalle sue abitudini e dalle sue esperienze, che sono a loro volta il frutto della sua educazione e della sua cultura, sintesi di generazioni abituate al benessere ed all’economia consumistica. Appunto: facoltà di scelta. Ma che cosa succede se questa viene messa improvvisamente a disposizione di una enorme società a cui manchino, o siano molto primitivi, i meccanismi che regolano le scelte? Anzi che cosa è già successo; e che cosa sta succedendo ora, dopo quasi vent’anni di apertura al mercato? Questo è il cuore del nostro problema e ad oggi possiamo osservare che nei riguardi delle sue necessità quotidiane, nei settori più vicini alle abitudini ed alle culture di base, il consumatore ha immediatamente acquisito i tipici meccanismi di qualsiasi società consumistica. Ma di fronte a proposte lontane dalle sue tradizioni e dal suo quotidiano, davanti a proposte nuove, ma che lo avvicinano a quelle società percepite sempre più moderne, essenziali e desiderabili, il responso rimane … indefinibile. Questo è il campo di battaglia di Genius. Dunque la Cina parte meno di trent’anni fa. Dopo qualche anno il frazionamento e l’allungamento della società erano già percepibili; ora sono drammaticamente evidenti. E – cosa di importanza fondamentale per Genius – il fenomeno è ancora in atto è può essere osservato, studiato, monitorato, dal vivo! L’evoluzione continua, ciascun "ambito" progredisce e passa ad un livello superiore con minore o maggiore velocità a seconda delle condizioni locali e dell’influenza di fattori esterni. Tra i quali, forse, potenzialmente, magari, anche per l’influenza di Genius. Dunque il primo compito di Genius sarà quello di scegliere dove cominciare: dove inserire la nuova attività. E siamo subito di fronte ad una scelta strategica: ci dobbiamo rivolgere ad un "ambito" già sviluppato, già in grado di capire ed apprezzare il nostro prodotto, un settore a noi più familiare, ove possiamo subito sfruttare le nostre famose capacità imprenditoriali, o è meglio andare a scoprire quei terreni sconosciuti che costituiscono la parte più corposa della Cina? In linea di principio qualunque scelta è valida; occorre però tenere presente che i potenziali consumatori in grado di apprezzare il nostro prodotto per il suo valore intrinseco sono … una minoranza relativa. "Relativa" non tanto per indicare un basso numero quanto per indicare che quel numero di potenziali clienti, per quanto interessante nel suo valore assoluto, è comunque esiguo rispetto alla poderosa schiera di potenziali concorrenti. Di contro, la maggioranza assoluta è costituita da una impressionante schiera di potenziali consumatori che "ancora" non apprezzano il nostro prodotto perché ancora non hanno imparato a farlo. Ecco quindi la mia ipotesi: il talento di Genius può far fare a questi potenziali clienti un salto di qualità e, nel processo, impiantare il seme della propria ragione di esistere. Quindi in linea di principio qualunque scelta è valida e: Viceversa,
5 - Come in Cina?
La Cina è dei cinesi e i buoni risultati si ottengono solo con la piena collaborazione dei cinesi. Parliamo quindi di questi potenziali collaboratori e torniamo sul concetto di "localizzazione" che, come da definizione, costituisce il prerequisito della penetrazione commerciale. Il fatto che localizzarsi in Cina sia notevolmente più difficile e rischioso che nel resto del mondo sembra intuitivo. Ma rischio e difficoltà sono concetti relativi e tanto più minacciosi quanto meno si conosce l’ambiente; proviamo quindi a studiarlo, tanto più che ormai la Cina è a portata di mano, e cercare di ridimensionare le incognite. Se Genius decidesse di espandere la propria attività negli USA o in Europa avrebbe probabilmente pochi problemi: una succursale a Londra o a New York può facilmente essere controllata dalla direzione italiana e gestita in maniera tipicamente italiana (anzi talvolta questo conferisce un vantaggio). In questi casi l’adeguamento gestionale richiede una riconfigurazione della struttura che quasi sempre rientra nelle possibilità e nelle capacità dell’azienda. Per di più i nostri mercati tradizionali mettono a disposizione di coloro che ne fossero interessati tutte le informazioni necessarie per fare tutti i tipi di ricerche, progetti e piani industriali. In Cina le cose sono molto diverse per almeno due motivi essenziali: L’ambiente. E’ opinione comune che capire i cinesi sia difficile; impossibile dicono alcuni. La mia esperienza indica che le difficoltà si incontrano quasi sempre nei primi contatti, quando le differenze culturali sono più evidenti e possono rendere complicato il superamento delle diffidenze e dei timori. Tuttavia le difficoltà del primo impatto possono essere superate abbastanza facilmente: dopo tutto i cinesi sono ben disposti nei nostri riguardi, pronti ad accogliere i nostri progetti e attenti alle nostre esigenze. Il nostro primo compito sarà quindi quello di impostare il giusto rapporto con i nostri interlocutori e questo è una fase critica: la conoscenza della Cina e dei cinesi, la cui maniera di ragionare è strutturalmente diversa dalla nostra, gioca un ruolo fondamentale soprattutto nella delicata fase di avviamento dell’impresa. Quindi a mio avviso, prima di prendere posizioni definitive, è indispensabile avviare una fase preliminare di osservazione e studio. Un corollario a questo concetto è che questo compito non è solo operativo e commerciale, ma contiene in se componenti di carattere relazionale e culturale che dovranno integrarsi nella cultura dell’azienda e forse modificarla profondamente. Si tratta quindi di un compito che non può essere delegato ad un agente, ad un consulente, ad un dipendente al di fuori della direzione, ma dovrà essere effettuato in stretto contatto con il cervello stesso dell’azienda. Informazione. Un mercato può essere graficamente rappresentato da settori (ripartizioni verticali) e da fasce (segmentazioni orizzontali). La figura geometrica risultante, la nicchia, costituisce il campo di attività che l’azienda dovrà studiare. Nei mercati maturi l’acquisizione di dati commerciali e statistiche sulle nicchie non costituisce un problema particolare: tutte le necessarie informazioni sono a disposizione di tutti. In Cina questo è ancora piuttosto complicato. Nelle aree di mercato già sviluppate è possibile acquisire, da enti pubblici o professionisti, dati sulla base dei quali formulare una strategia o un business plan. Ma in questa sede a noi interessa la zona poco conosciuta o addirittura sconosciuta. La Cina ci appare quindi come una miriade di nicchie quasi sempre confuse o indeterminate, spesso solo potenziali. Quali di queste siano in grado di svilupparsi in effettivi settori di mercato in crescita…. bisogna scoprirlo. A questo punto voglio affermare che questo processo di osservazione e di studio, se effettuato con i giusti supporti, non è difficile né costoso; costituisce tuttavia un forte impegno per l’azienda perché, come ho detto, questa fase dovrà essere gestita direttamente da chi nell’azienda rappresenta il potere decisionale. Accingiamoci dunque ad osservare l’ambiente: la società cinese è effettivamente diversa dalla nostra e da quelle contigue alla nostra, ma decisamente non ostile: anzi. Nel suo primo impatto con il mondo cinese lo straniero che si presenta con le idee chiare, che vuole impegnare le proprie capacità nel Paese, che dimostra interesse per le consuetudini locali, troverà un ambiente sempre disponibile, talvolta entusiasta: ecco quindi due culture fondamentalmente diverse, ma non ostili, che intendono dialogare e che si dispongono a cercare punti d’incontro. Da parte nostra dovremmo fare in modo che il nostro comportamento sia conseguente alla percezione che i nostri "ospiti" hanno di noi; quindi capirli e, nello stesso tempo, cercare di comprendere in che modo ci percepiscono. Questa esigenza di reciproca comprensione è sempre esistita in Cina e da tempi immemori è nata la figura che ne propone la soluzione: il "mediatore". Lo straniero in Cina ha sempre bisogno di un mediatore, il "comprador" dei romanzi di Clavell. Questa figura viene spesso confusa con quella dell’interprete: ma le due funzioni sono fortemente diverse. L’interprete capisce la frase e traduce la lingua. Il mediatore capisce i concetti e li spiega. Il mediatore è quasi sempre un assistente, un manager, un capo-progetto di nazionalità cinese; parla in maniera fluente la lingua dell’imprenditore straniero, solitamente l’inglese, ha qualche esperienza dell’attività che deve trattare, ma si aspetta di essere adeguatamente istruito nella disciplina del suo intepretato. Quindi la prima operazione di Genius nella prima fase del suo progetto di penetrazione del mercato cinese sarà quella di cercare il collaboratore che dovrà aiutarlo a sviluppare il suo progetto. Una volta ingaggiato questo personaggio ci aiuterà nella prima fase del progetto, la costruzione dell’unità di studio e ricerca, ma anche nelle faccende più semplici e più pratiche come visti, residenza, viaggi ecc.. Ecco alcune importanti caratteristiche dei nostri futuri collaboratori; mi riferisco soprattutto al livello dirigenziale, ma molte considerazioni sono valide anche per i livelli esecutivi: La società cinese risponde alle discipline del confucianesimo. Il concetto di confucianesimo descrive il rapporto dell’individuo con la società e la disciplina che studia questo argomento è la filosofia. Io mi asterrei da analisi metafisiche, ma c’è un significato di carattere pratico che interessa questa esposizione ed è il rapporto tra il maestro ed i seguaci ovvero tra il "leader" ed i dipendenti. I cinesi rispettano le gerarchie e si aspettano che il capo sia anzitutto responsabile delle sue azioni e delle sue decisioni: l’autorità che gli viene conferita implica conoscenza e competenza e si esprime in "autorevolezza". Il capo pretende obbedienza assoluta, generalmente la ottiene; ma deve dimostrare le sue capacità e proteggere i suoi dipendenti, i quali, a loro volta, lo seguiranno fedelmente e lo sosterranno. Se si infrange questo genere di rapporto, le cose si complicano notevolmente. In ambiente cinese le situazioni risultanti sono complesse e non rilevanti per questa esposizione; ma nei rapporti con gli investitori stranieri i comportamenti sono più diretti: quando ci presentiamo, poiché siamo considerati apportatori di conoscenza e di ricchezza, generalmente veniamo ben accolti e la nostra autorità viene subito associata all’autorevolezza. Se per qualche motivo questo rapporto si rovina e si perde l’autorevolezza, l’autorità spesso non è sufficiente per gestire la situazione in maniera efficiente: i dipendenti perdono la fiducia e possono nascerne problemi seri: potrebbero tradirci, andarsene improvvisamente o subdolamente smettere di collaborare creando misteriose complicazioni di cui sarà difficile scovare il bandolo. Giochiamo in casa loro e, specialmente agli inizi della nostra impresa, siamo strutturalmente deboli. Al contrario, se rispondiamo alle loro aspettative, i nostri dipendenti faranno sempre il possibile per risolvere le difficoltà nostre e della nostra impresa. Questo vale in particolare per il rapporto tra dipendente e impresa. I dipendenti possono essere molto interessati al progetto; anzi lo sono più che mai proprio quando noi portiamo i "prodotti del Genio". Quindi sono facilmente motivabili. Ed un cinese motivato, non solo lavora molto e bene, ma farà di tutto per proteggere e far prosperare l’azienda. Ovviamente, se ritengono di aver contribuito al successo dell’impresa, contano di progredire. Sono disposti a sacrifici ma si aspettano di crescere con l’azienda. L’obiettivo dei migliori rispecchia la naturale attitudine della loro società: imparare. In Cina lo stato investe moltissimo sull’istruzione ed i giovani rispondono adeguatamente con eccellenti risultati. Nei nostri progetti essi scorgono la possibilità di acquisire competenze nuove e pregevoli che torneranno a vantaggio della loro conoscenza e quindi della loro carriera. E vorranno crescere nell’ambito della nostra organizzazione se essa risponderà alle loro aspettative o altrove, ovvero presso concorrenti, nel caso contrario. Questo è un punto importante e delicato che riguarda la fidelizzazione del personale e che richiede uno studio dedicato. In Cina è possibile trovare eccellenti collaboratori, ma ci sono importanti differenze tra il personale tecnico, personale amministrativo/legale e quello commerciale. o Il settore più interessante è costituito dai tecnici: ingegneri, chimici, architetti, meccanici ecc. Essi sono spesso competenti e preparati, anche se con questi interlocutori si incontrano spesso problemi di lingua. Inoltre sono tanti: le università sfornano una moltitudine di laureati in scienze tecniche: le ultime statistiche parlano di oltre quattrocentomila laureati all’anno solo nelle facoltà di ingegneria. Poi possono essere ingaggiati subito all’uscita dell’università e addestrati nel settore specifico di interesse dell’imprenditore, oppure sul mercato a diversi livelli di esperienza. Per tutte queste ragioni il costo delle loro remunerazioni è ancora competitivo, anche se potrebbe essere necessario un impegno extra per l’addestramento e l’inserimento nel nostro sistema.o Tra gli amministrativi-legali (ragionieri, commercialisti, auditors, avvocati ecc) ci sono coloro che hanno esperienza internazionale e quelli che hanno esclusivamente esperienza cinese. Questi ultimi non solo hanno poca dimestichezza con le norme internazionali, ma in genere parlano solo la loro lingua. I primi sono molto costosi: le loro parcelle possono essere equivalenti a quelle dei colleghi di Hong Kong, Londra o New York. Il costo dei secondi è invece molto ragionevole, ma richiede un interfaccia non solo linguistico, ma anche professionale. (Mie esperienze: per il "due diligence" di una piccola azienda cinese uno studio con esperienza internazionale chiese 75.000 dollari ed uno con esperienza esclusivamente locale solo 18,000. Ancora: per difendere Lacerta in una(semplice) causa civile intentataci da un fornitore cinese la richiesta di uno studio internazionale era di oltre 4.000 Euro; ingaggiammo invece uno studio locale che per € 1,200 (incluse tasse e spese di trasferta) portò la mia compagnia alla vittoria).o Il campo commerciale è il più complicato: si tratta di un settore professionale relativamente nuovo in Cina ed i professionisti più qualificati in genere vengono da esperienze fatte all’estero, soprattutto Hong Kong e Taiwan, oppure presso multinazionali. In questi casi le richieste di remunerazione, tra stipendi e benefici, possono essere molto alte. C’è tuttavia anche in questo settore la possibilità di scegliere collaboratori intelligenti e motivati ed addestrarli per le esigenze dei nostri progetti; tenendo ovviamente in mente che è indispensabile anche "fidelizzarli" per evitare che vadano a spendere altrove l’esperienza guadagnata, spesso ad alto costo, da noi. Il tema della "fidelizzazione" del personale è particolarmente importante per le PMI che intendano operare Cina: richiede un’attenzione particolare nella scelta dei principali collaboratori e nell’impostazione del rapporto con la direzione dell’azienda e con le sue strutture.
6 – Chi in Cina? Ma quali attività o quali settori sono più propizi per la conquista della Cina da parte di Genius? E che genere di impegno viene richiesto per la conoscenza dell’ambiente? Le domande sono tanto legittime quanto le risposte intricate: nel tentativo di semplificare una cosa complessa io valuterei il grado di difficoltà dell’impresa in base al "peso" nell’ambito dell’attività delle due componenti della missione imprenditoriale ovvero produzione e marketing. (includendo nella prima anche la capacità di "definire" il prodotto, ovvero la creatività). Più precisamente: Produttori di beni industriali, tipo macchinari e impianti: buone tecnologie da destinare all’industria locale, per esempio macchinari ed impianti per l’industria alimentare, per produzioni industriali di beni di consumo, ecc. Se da una rapida ricerca (cosa abbastanza semplice per questo genere di prodotto) risultasse un mercato interessante, potrebbe essere facilmente ed economicamente costituita una base operativa locale con ufficio tecnico, officina montaggio, magazzino ricambi, ufficio commerciale ecc. Questo genere di attività si svolge usualmente in zone periferiche a basso costo. Una struttura del genere offrirebbe la possibilità di effettuare un efficiente servizio post-vendita, rimanere a contatto con clienti in continua crescita e, cosa non da poco, servire anche mercati vicini (Corea, Giappone ecc). Produttori di beni di consumo di qualità - tipici del "Made in Italy" - i cui clienti sono usualmente distributori e dettaglianti e che non necessitano di basi produttive locali. Per costoro la localizzazione significa nazionalizzare e distribuire i loro prodotti mediante un’organizzazione sotto il loro controllo. Quindi dovranno costituire un’entità locale in grado di importare la merce, un ufficio commerciale, show-room e spesso un magazzino. Qui, prima di prendere gli impegni definitivi occorre fare una ricerca approfondita: non troppo complicata, ma abbastanza impegnativa. (Ovviamente esiste la possibilità di esportare dall’Italia vendendo direttamente ad importatori e distributori locali, ma tale approccio esula dai nostri obiettivi perché non si tratta di internazionalizzazione. Infatti la conoscenza del mercato non viene acquisita dell’esportatore e rimane patrimonio dell’importatore). Possessori di prodotti (detentori di licenze, di know-how, di marchi) che vendono direttamente al pubblico. Non sono necessariamente produttori: spesso il loro ruolo è quello di definire (disegnare) i prodotti, disporne la produzione (ovunque) e commercializzarli. Oppure assegnarli ad altri in licenza. E’ il settore più difficile e impegnativo ma anche il più remunerativo e interessante in un mercato emergente e poderoso come la Cina. Sono inclusi in questa categoria i settori del lusso, degli accessori, delle piccole tecnologie, dell’alimentazione, del turismo di classe, dell’arredamento eccetera. Le strategie disponibili per costoro sono tante e spesso collegate tra loro: aprire direttamente negozi e punti vendita, magazzini; operare in franchising; lavorare direttamente o insieme a partner locali; valorizzare uno o più marchi esistenti o crearne di nuovi per il mercato locale in base alle esigenze del consumatore cinese. Impossibile definire una strategia comune, salvo una cosa: la necessità di acquisire informazioni privilegiate prima di definire una strategia definitiva. Appartengono a questa categoria grandi nomi, tutti più o meno inseriti stabilmente in Cina. Ma anche la nostra Genius, che difficilmente è in grado di investire sull’immagine e sulla comunicazione le enormi cifre necessarie per entrare nella fascia già consolidata, con un approccio cauto e razionale sarà in grado di partecipare allo sviluppo di questo importantissimo mercato.
7 - Con chi in Cina? I concetti espressi fin qui sono oggettivamente validi per tutti e spiegano infatti il modo di procedere tipico delle grandi aziende e delle multinazionali per affrontare la Cina (ed anche altri mercati emergenti) che è quello di costituire una rappresentanza in un luogo strategico del Paese, spesso un semplice ufficio per mezzo del quale un "osservatore" studia il campo ed avvia i contatti. (Alcune aziende sono partite da programmi più ambiziosi, aprendo attività economiche marginali, che richiedevano maggiori investimenti ma offrivano il doppio vantaggio di acquisire maggiore esperienza del mercato e contribuire a pagare i costi dell’osservatore). Purtroppo questo approccio è di difficile attuazione per Genius : difficilmente le nostre PMI dispongono delle risorse e della determinazione necessarie per impegnare un funzionario a tempo pieno e per l’apertura di una struttura che, per quanto ridotta al minimo, richiede un notevole impegno umano e finanziario. Ma se riteniamo dimostrato che l’ingresso in Cina e la presa di conoscenza del suo ambiente siano prerequisiti per la futura prosperità dell’azienda, l’alternativa alla creazione di una propria struttura non può essere che quella di ingaggiare i servizi di un esperto. Soluzione che spesso rende perplessi gli imprenditori italiani, tipicamente quelli rappresentati dalla nostra Genius. Perplessità che vengono manifestate da una serie di obiezioni tra cui le più frequenti, e plausibili, sono: La consulenza viene ovviamente richiesta prima di decidere, anzi per decidere se un certo progetto giustifichi una determinata strategia ed il relativo investimento. Ma il costo, spesso rilevante, per l’impegno di un professionista costituirebbe una spesa irrecuperabile nel caso il progetto non dovesse aver luogo. Un consulente, per quanto esperto ed efficiente, presenta uno studio ed una serie di proposte; usualmente assicura l’accuratezza delle informazioni e l’obiettività delle opinioni, ma difficilmente si assumerà alcuna responsabilità riguardo il successo del progetto, anche se avviato sulla base della sua relazione. L’esercizio dello studio, l’analisi dei dati e le conclusioni vengono generalmente effettuati da un team di funzionari esterni all’attività ed alla cultura dell’azienda committente. Pertanto i risultati della ricerca vengono percepiti come teorici e le proposte di difficile attuazione. Queste obiezioni sono molto frequenti ed il loro impatto è talmente radicato nell’imprenditore italiano che egli spesso rifiuta perfino di affrontare un colloquio orientativo e senza impegno. Ma la Cina è la Cina, la globalizzazione inevitabile, il futuro impellente e, in mancanza di strategie generate e gestite autonomamente dall’azienda, il sostegno di un esperto esterno all’azienda rimane la soluzione più pratica per affrontare le incognite: si tratta quindi di esaminare le obiezioni e trovare risposte che le soddisfino o, quanto meno, ne limitino l’impatto. Ed in effetti in molti casi nel caso di Genius la soluzione che contempli l’ingaggio di professionisti esterni non è necessariamente costosa ed impegnativa: c’è infatti la possibilità di scegliere tra un rapporto diretto, in cui si affida al consulente un preciso mandato, oppure di una semi-collaborazione, ove si chiede al consulente di creare le condizioni che permettano all’azienda stessa di effettuare la ricerca e preparare il progetto. La differenza tra i due approcci è sostanziale: il primo non assorbe tempo ed energie aziendali e a un dato un costo - talvolta neanche eccessivo - l’azienda riceve un pacchetto di informazioni da valutare ed una lista di possibili azioni da intraprendere. Il secondo presuppone una funzione attiva dell’azienda nella realizzazione del progetto stesso mentre il collaboratore esterno contribuirà solo con servizi necessari a realizzarlo. Per tutte le ragioni espresse sin dall’inizio io ritengo che il secondo approccio abbia una serie di vantaggi rispetto al primo soprattutto perché l’esercizio di ricerca, analisi ed elaborazione del progetto, le discussioni e gli approfondimenti che ne deriveranno in sede aziendale, avranno la possibilità di influire, anche profondamente, sulla cultura organica dell’azienda; inoltre, al di là delle le considerazioni di carattere imprenditoriale, aggiungerei che il fenomeno Cina è talmente complesso e allo stesso tempo tanto importante per il presente ed futuro dell’economia mondiale, che l’acquisizione di tale esperienza nell’ambito di qualsiasi azienda dell’eccellenza è del tutto opportuna a prescindere dalla decisione finale nei riguardi del progetto stesso. Una consulenza del secondo tipo è in grado di sciogliere alcune serie perplessità, se non altro perché la PMI potrebbe essere incoraggiata dal fatto che un esperto di un mercato tanto misterioso ed alieno decida di condividere costi e rischi delle prime fasi dell’impresa. Naturalmente anche con questa soluzione l’impegno di Genius rimane rilevante ed imprescindibile, anzi: tanto più"geniale" la sua missione imprenditoriale tanto più critico sarà il suo contributo all’impresa. Le risorse che Genius dovrà mettere in gioco dipendono direttamente dal tipo di attività e dagli accordi con il collaboratore esterno, tuttavia occorrerà sempre la sua disponibilità per creare una struttura di partenza, ovvero: l’identificazione di un "responsabile" del progetto nell’ambito dell’azienda. Questa persona, come già detto, dovrà essere parte, o avere accesso diretto all’autorità decisionale dell’azienda e dovrà assegnare al progetto "Cina" priorità operativa per tutto il periodo di studio e di avviamento del progetto. La presenza continuativa in Cina per il periodo iniziale è opportuna ma non indispensabile poiché in molti casi può essere sostituita da frequenti visite. La creazione nell’ambito della sede dell’azienda di un "desk" dedicato al progetto che interfaccia direttamente con la direzione della Società. La disponibilità all’avvio di un’attività commerciale sperimentale, effettuata sotto il controllo del "desk" e con la gestione locale del consulente: importazione di campionari e piccoli stock di merce, assunzione di venditori, identificazione e colloqui con i clienti, apertura di piccoli showroom ecc. Per questo genere di ricerca l’azienda pagherà i costi effettivi che i Cina sono tanto più bassi quanto più si scende di livello (vedi pag. 5) e la remunerazione del consulente può consistere in una parcella, di ammontare presumibilmente ragionevole dato che lo sforzo "culturale" è stato sostenuto essenzialmente dall’imprenditore, oppure in un premio basato sui risultati ottenuti, in denaro o in una quota della nuova impresa.
8 – Conclusioni. Coloro che conoscono il tessuto imprenditoriale italiano avvertono l’enorme potenziale economico racchiuso nell’ambito delle nostre aziende dell’eccellenza. Coloro che hanno seguito lo sviluppo della Cina di questi ultimi anni sanno quante opportunità sono celate nella percepita imperscrutabilità del Paese. In molti casi la limitata dimensione di Genius - e forse l’isolamento che deriva dalla stessa qualifica di "genio" - rendono l’azienda debole sul piano internazionale. L’esperienza dimostra che solo una minima parte di aziende dell’eccellenza, rispetto alla potenzialità del nostro Paese, ha preso in considerazione la conquista dei paesi asiatici, in particolare della Cina. Conoscenza, ricette ed aiuti sono sempre più disponibili e, presumibilmente, in un vicino futuro, l’Italia assumerà il ruolo che culturalmente e storicamente le spetta ovunque si manifesti sviluppo ed evoluzione della società.
Andrea Ferri
La mia qualifica migliore e’ l’esperienza: acquisita interamente all’estero, essa non si limita a competenza professionale ma e’ arricchita da una prolungata ed estesa esposizione agli ambienti ed alle culture dei Paesi in cui operavo. Sono stato, e sono, un osservatore delle realtà socio-politiche ed economiche del Subcontinente Indiano, degli Stati Uniti, dell’Estremo Oriente ed in particolare della Cina Popolare e di Taiwan. In alcuni casi ne sono stato un entusiasta partecipante.
Nelle pagine che seguono descrivo brevemente il mio curriculum vitae: le tre società ivi elencate appartenevano a me ed a miei familiari. Aziende piccole in termini di struttura, ma importanti dal punto di vista delle responsabilità di cui, ovviamente, il sottoscritto rispondeva totalmente. Un’indicazione generale e settoriale dell’esperienza acquisita può essere la seguente:
Nel tessile ho conseguito un’esposizione globale: la mia esperienza in questo campo copre virtualmente tutta la filiera e tutti i più importanti mercati dell’America, dell’Asia e dell’Europa. Seguo attentamente l’evoluzione di questo settore economico da trent’anni. Ho concluso contratti per decine di milioni di euro e sono tutt’ora in contatto con importanti aziende. Nel corso della mia carriera ho preso parte ad importanti progetti ed effettuato ragguardevoli forniture, usualmente in qualità di agente. Per menzionare quelli di maggior impegno e difficoltà: la gara per i treni della metropolitana di Taipei per conto della Breda Ferroviaria; un progetto di segnalamento ferroviario delle ferrovie di Taiwan per l’Ansaldo Trasporti; una coltivazione di fagioli in una zona vergine dell’Inner Mongolia; due oleodotti e tre gasdotti per la Dalmine e materiale rotabile ferroviario per l’Italsider in Pakistan. Ancora a Taiwan, tubi per la perforazione petrolifera, sempre per la Dalmine.
E poi operazioni di trading in proprio con importanti clienti in Italia e all’estero: negli USA ho importato e distribuito maglieria e piastrelle di ceramica dall’Italia e tessuti dal Pakistan, dalla Tailandia e dalla Malesia. Sempre dagli USA ho esportato verso l’Italia tessili e materie plastiche. Da Taiwan ho venduto lampade alla Osram ed articoli promozionali alla Birra Peroni. Dalla Cina ho esportato di tutto dagli stuzzicadenti, alla ferramenta, ai fagioli.
Nel mio curriculum posso anche annoverare l’organizzazione di un simposio medico a Shanghai – per conto di un produttore Italiano di apparati radiologici – atteso da duecento dirigenti ospedalieri provenienti da tutta la Cina. Ho anche concepito, avviato ed organizzato per conto del Governo Tailandese una missione economica ricevuta, in Italia, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalla Federtessile. Prima di lasciare Hong Kong ho completato lo studio di un progetto nel campo della ristorazione: una catena di "fast-food" d’immagine e contenuto Italiani di base a Hong Kong, ma orientata all’espansione in Cina.
Dati anagrafici Andrea Ferri Nato a Roma l’8 Settembre 1939 Residente a Bergamo in Via Palma il Vecchio, 89 Coniugato, due figli
Curriculum 04/2004: apertura dell’ufficio di Hangzhou (provincia dello Zhejiang). Attività principale: acquisti per conto terzi, ricerca fornitori, gestione contratti, attività di consulenza. 03/2000: rientro in Italia 02/1982 – 03/2000: Lacerta Co. Ltd. – Hong Kong Partner e Managing Director. Principali mercati di attività: Hong Kong, Cina Popolare, Taiwan, Tailandia, Indonesia, Corea del Sud. Acquisti per conto di importatori italiani e trading: tessili e abbigliamento, prodotti Agricoli, ferramenta, prodotti per l’illuminazione ed altro. Rappresentanze principali:
06/1977 – 02/1982: Franco Ferri Inc. – New York . Partner e Presidente. Mercati di attività: USA. Acquisti per conto terzi: prodotti tessili per il mercato italiano. Attività di importazione, distribuzione e vendita: prodotti tessili (da Pakistan, Tailandia, Malesia). Abbigliamento e piastrelle di ceramica (dall’Italia). Materie plastiche.
09/1966 – 06/1977: Franco Ferri & Co. (Pakistan) Ltd. – Karachi Partner e Managing Director. Mercato di attività: Pakistan. Acquisti per conto di importatori italiani: tessili e abbigliamento. Rappresentanze principali: Ed inoltre varie aziende produttrici di macchinari ed impianti per l’industria tessile, alimentare, chimica, farmaceutica ecc.
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